Quando parlare troppo allontana: il rischio della prolessità cronica Needfile Team 08/08/2025

Quando parlare troppo allontana: il rischio della prolessità cronica

Nel contesto delle dinamiche interpersonali e professionali, la prolissità comunicativa rappresenta un comportamento spesso sottovalutato, ma potenzialmente disfunzionale. Si tratta di una tendenza ricorrente nell’esagerare con i dettagli, mancanza di sintesi, che può deteriorare la qualità del dialogo, generare frustrazione, noia e nel lungo termine compromettere rapporti di amicizia e lavoro.

Il termine “prolissità” deriva dal latino prolixus, ovvero “esteso”, “diffuso”. In ambito comunicativo, la prolissità si configura come l’inclinazione a utilizzare un volume verbale sproporzionato rispetto al contenuto informativo realmente trasmesso, diluendo il messaggio con dettagli ridondanti, superflui e deviazioni non pertinenti.

La comunicazione efficace richiede chiarezza, sinteticità e congruenza tra contenuto e relazione. La prolissità, invece, introduce “rumore” comunicativo, compromettendo l’efficacia dei messaggi.

La tendenza a parlare troppo non è semplicemente una “cattiva abitudine”, ma può derivare da dinamiche psicologiche complesse, tra cui:

  • Bisogno di apparire: il parlare continuo può essere un meccanismo per dominare la conversazione e mantenere a lungo l’attenzione su di sé.
  • Ansia sociale o insicurezza: alcune persone, per paura del giudizio, riempiono ogni spazio con parole per sentirsi più al sicuro.
  • Egocentrismo: incapacità o indisponibilità a sintonizzarsi sul ritmo e sulle esigenze dell’interlocutore.
  • Deficit: scarso monitoraggio del proprio discorso e incapacità di cogliere segnali di stanchezza o disinteresse altrui.

In ambito relazionale, la prolissità può produrre:

  • Affaticamento cognitivo nell’interlocutore, che viene esposto a uno stimolo verbale eccessivo e spesso poco strutturato.
  • Erosione dell’empatia conversazionale, poiché chi parla troppo spesso ascolta poco.
  • Progressiva disconnessione emotiva, che porta gli altri ad allontanarsi o a evitare interazioni prolungate.

Segnali di una comunicazione eccessivamente prolissa

  • Frasi lunghe, piene di subordinate e incisi, senza una struttura gerarchica chiara.
  • Uso ricorrente di aneddoti o esempi non richiesti.
  • Ripetizione di concetti già espressi.
  • Scarsa gestione del tempo e dello spazio conversazionale.
  • Inosservanza del turn-taking e delle regole implicite di reciprocità dialogica.

Il superamento della prolissità richiede un lavoro di consapevolezza metacomunicativa, e può avvalersi di diverse strategie:

  1. Tecnica del “bottom line first”: partire dal punto centrale e solo dopo — se richiesto — aggiungere dettagli.
  2. Utilizzo di marcatori discorsivi per segmentare il messaggio (“in sintesi”, “l’aspetto chiave è…”).
  3. Ascolto attivo e feedback immediati: monitorare le reazioni dell’altro per calibrare il flusso verbale.
  4. Pratiche di sintesi consapevole: esercitarsi a esprimere un concetto in 30, 60, 120 secondi.
  5. Public speaking e comunicazione assertiva, per strutturare in modo chiaro, diretto ed efficace le proprie argomentazioni.

In un’epoca in cui l’attenzione è una risorsa sempre più scarsa, saper essere sintetici, pertinenti ed efficaci nella comunicazione è una competenza cruciale, non solo per essere ascoltati, ma per generare connessioni significative.

La prolissità, se trascurata, rischia di diventare una barriera relazionale e professionale.

La padronanza della parola non si misura da quante parole usi, ma da quanto valore sai trasmettere in poche. Che trasforma ogni semplice risposta in un monologo, che non va mai “al punto”, che dilaga in dettagli irrilevanti. Non si tratta di una piccola abitudine ma un comportamento che può logorare le relazioni, stancare, e persino isolare chi lo adotta.

Chi ascolta una persona prolissa spesso prova:

  • Stanchezza mentale: un sovraccarico mentale di parole.
  • Frustrazione: si perde tempo senza arrivare al punto.
  • Disconnessione: si smette di ascoltare, anche affettivamente.
  • Allontanamento: conversazioni evitabili diventano sfiancanti, le persone si allontanano, smettono di cercare il dialogo.
Molti prolissi non si rendono conto di esserlo. La comunicazione efficace è saper dosare le parole, non dominarle.

Essere sintetici non significa essere vuoti, significa rispettare il tempo, l’attenzione e l’energia degli altri. Nella società frenetica di oggi le persone apprezzano chi sa arrivare al punto.

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