Per molto tempo l’aspetto degli esseri umani ha costituito il principale fattore di riconoscimento della loro differenza. In effetti, l’aspetto fisico diverso veniva usato, per prendere in considerazione e accreditare delle teorie pseudo-scientifiche. Esistono però molteplici forme di razzismo spesso meno identificabili di altre.
Il razzismo, nella sua forma classica, è quello che pretende di stabilire un legame assai stretto tra aspetto fisico e cultura e di sostenere, sulla base delle differenze somatiche, la superiorità di alcuni gruppi su altri: a una supposta superiorità sul piano fisico (colore della pelle e dei capelli.) dovrebbe seguire una superiorità sul piano culturale.
L’Ottocento fu un’epoca in cui molti Paesi europei si lanciarono nell’impresa coloniale. Fu un periodo in cui le frange nazionaliste più aggressive sostenevano anche l’esistenza di una gerarchia di “purezza” tra le stesse popolazioni europee. I popoli della Germania sarebbero stati superiori agli slavi e ai latini e quindi in diritto di espandersi e di dominare tutti gli altri. Queste teorie della superiorità dei bianchi sui neri, degli europei sugli africani e gli asiatici, e anche dei popoli nordici su quelli mediterranei, posero le basi ideologiche a tutti i massacri e a tutte le persecuzioni razziali che massacrarono l’Europa nella prima metà del Novecento, prima tra tutte quella perpetrata in alcuni Paesi dell’Europa orientale e poi dai nazisti nei confronti degli ebrei e di altre minoranze, come per esempio gli zingari. Il razzismo culturale è una forma di razzismo che prevale ai nostri giorni; chiamato un tempo “spirituale” e poi ”culturalista”, quello di oggi è un razzismo fondato sull’idea che a fare la differenza (giudicata negativamente) siano la mentalità, la tradizione, la provenienza, la cultura di una comunità o di un intero popolo.
Vi sono delle politiche razziste abbastanza recenti: – la persecuzione degli ebrei nell’Europa nazista e fascista (nel periodo tra le due guerre mondiali); – La discriminazione, su “basi legali”, dei neri in alcuni Stati degli Stati Uniti (come per esempio Mississippi, Alabama, Kansas); Il regime dell’apartheid in vigore in Sud Africa dalla metà del Novecento fino al 1990 .
Il razzismo come atteggiamento istintivo di chiusura e rifiuto verso il diverso. Tale atteggiamento si accompagna alla diffidenza, all’esclusione, a volte all’odio e alla violenza nei confronti di chi, per il colore della pelle o il Paese di provenienza, è visto come “diverso”.
Il razzismo, di qualunque tipo esso sia, e quindi il nome che diamo a un atteggiamento di autocelebrazione della nostra “superiorità”, da un lato si parla di etnocentrismo e di disprezzo verso coloro che sono ritenuti “inferiori” dall’altro.