Ernest Heminway racconti di mare Needfile Team 11/05/2022

Ernest Heminway racconti di mare

Non importa quanto sia stretta la porta, quanto piena di castighi la vita.

Io sono il padrone del mio destino: io sono il capitano della mia anima.

E. Hemingway

Ernest Hemingway nasce a Oak Park in Illinois il 21 luglio 1899, figlio di un uomo incline della vita all’aria aperta ha trasmesso in lui la passione per la pesca e la caccia fin dall’infanzia, la genesi di un’apoteosi formativa con la natura che troverà espressione nella penna letteraria assieme alla definizione di una personalità in cui l’esaltazione quasi mitica del coraggio, si combina entrando in collisione con leggi naturali che regolano la fragilità umana di fronte alla morte. In un continuo rapporto conflittuale con la madre, musicista e determinata ad avviarlo a una carriera da violoncellista, Hemingway ne erediterà l’energia e la creatività. Durante gli studi gli insegnanti lo incoraggiano a scrivere per il giornale scolastico iniziando, completati gli studi, a lavorare come giornalista per il Kansas City Star, un ruolo che lo accompagnerà sempre nella sua passione per la scrittura. In linea con l’entusiasmo idealistico che si diffonde negli Stati Uniti nel 1918, allo scoppio della grande guerra, si arruola volontariamente come autista di ambulanze, inviato sul fronte italiano e determinato a toccare con mano le trincee. All’età di diciotto anni, impegnato a distribuire cioccolata e sigarette ai soldati italiani di Fossalta di Piave, resta ferito da un mortaio austriaco. Seguirà un periodo di convalescenza presso l’ospedale della Croce Rossa di Milano dove conosce l’infermiera Agnes von Kurowski e della quale si innamora all’istante trovando ispirazione per la stesura della protagonista Catherine Barkley in Addio alle armi (1929), uno dei romanzi più celebri che testimonia gli orrori della guerra e di quanto quel periodo drammatico abbia segnato la sua vita. Tornato in patria come eroe, riprende l’attività giornalistica continuando a scrivere racconti. Nel 1920 viaggia in Europa come corrispondente del Toronto Star per il quale invia tematiche sull’attualità dalla Spagna, Svizzera e in particolare dalla permanenza a Parigi dove frequenta i circoli americani espatriati, un ambiente ricco di personalità artistiche e dal frenetico vitalismo degli anni Venti in opposizione al decadentismo postbellico della generazione perduta di cui parla nel postumo Festa mobile, scritto del 1964 in cui cita ricordi personali, tra personaggi e situazioni, fondamentali per la stesura del suo primo romanzo Fiesta (Il sole sorge ancora, 1926)  una storia ambientata, non a caso, tra Parigi e Pamplona luogo in cui Hemingway é solito recarsi assieme alla moglie e amici per vedere le corride, una testimonianza dello stile di vita sregolato degli espatriati. Nel 1927 l’autore torna in America stabilendosi a Key West in Florida con la seconda moglie Pauline Pfeiffer, periodo segnato da una crisi economica che pone bruscamente fine all’era del jazz mutandone il clima intellettuale e politico su vasta scala. Lavorando a una serie di racconti di guerra e ambientazione africana, Hemingway si accosta a tematiche sempre più vicine al sociale fortemente sentite in anni di depressione economica. Avvicinandosi alle posizioni della sinistra, scrive Avere e non avere (1937) e Per chi suona la campana (1940) periodo svolto come corrispondente di guerra a fianco degli antifascisti di Cuba. Dopo l’attacco a Pearl Harbor, l’ambasciata americana lo autorizza a trasformare la sua nave da pesca, la Pilar, in nave civetta per localizzare sottomarini tedeschi installandovi dei cannoni e granate. Alla vigilia dello sbarco in Normandia, lo scrittore fa tappa a Londra come corrispondente per la rivista Collier’s e successivamente in Francia per assistere alle operazioni di guerra alleate: uno dei primi a entrare nella Parigi liberata e a visitare i campi di concentramento di Buchenwarld e Dachau.

Nonostante il successo letterario internazionale riconosciuto dal premio Nobel del 1954, Hemingway manifesterà un pessimismo crescente nella definizione della sua immagine di Mr. Papa che egli stesso ha contribuito a creare: un vecchio virile, coraggioso cacciatore, indomito corrispondente di guerra, amico di toreri e pugili. La disperata ricerca di un’identità segnata dalla lotta per la sopravvivenza che dichiara ne Il vecchio e il mare (1952) l’epico scontro del pescatore Santiago e la cattura di un enorme pesce spada nel cuore del mar dei Caraibi, e che lo renderà vincitore di una battaglia per la sopravvivenza grazie al suo coraggio e l’umile consapevolezza di una fratellanza sancita con le forze incontenibili della natura.

Fernanda Pivano racconta: Aveva preso il premio Nobel due anni prima, nel 1954: Hemingway non era andato a ritirarlo in Svezia perché era più malconcio di quanto volesse far sapere alla stampa, dopo l’incidente in Africa. Il premio glielo aveva dato soprattutto Il vecchio e il mare, un libro che già gli aveva procurato il premio Pulitzer del 1952 e un diluvio di successo (…) sapeva che era la cosa più bella che avesse scritto in vita sua e gli pareva che potesse fare da epilogo a tutto quello che aveva imparato o aveva cercato di imparare mentre scriveva e cercava di vivere. (…) L’idea di questo libro ronzava nella sua mente da una ventina d’anni: a parte una lettera del 7 febbraio 1939 a Marxwell Perkins in cui Hemingway disse di essere molto stimolato dalla storia di un antico marinaio che viveva a Casablanca sulla costa orientale del porto di Havana, alcuni ricordavano un pezzo del 1936 che quasi faceva da materiale grezzo al romanzo diventato famoso: “Un vecchio che pescava da solo in un’imbarcazione fuori delle cabane catturò un grande pesce spada che tirando la pesante cima condusse l’imbarcazione verso il mare aperto. Due giorni dopo il vecchio fu raccolto dai pescatori a 60 miglia verso est, con la testa e la parte anteriore del pesce legate lungo la barca. Ciò che rimaneva del pesce, meno della metà, pesava 800 libbre. Il vecchio era rimasto col pesce un giorno e una notte, un altro giorno e un’altra notte mentre il pesce nuotava in profondità e tirava la barca. Quando era venuto in superficie il vecchio aveva accostato la barca e lo aveva arpionato. Mentre era legato lungo la barca i pescicani lo avevano azzannato e il vecchio li combatté da solo dalla sua imbarcazione nella Corrente del Golfo prendendoli a mazzate, a coltellate, colpendoli con un remo, finché fu esausto e i pescicani ebbero mangiato tutto quello che potevano contenere. Quando i pescatori lo accolsero piangeva nella barca, quasi impazzito per la perdita, e i pescicani stavano ancora nuotando in giro alla barca”. Questa idea dello sconfitto-vincitore con la sua sopportazione e le sue molte parabole e le sue risonanze, nel tema ricorrente che l’uomo non trionfa mai del tutto ma anche quando la sconfitta è totale quello che importa è lo sforzo per affrontare il destino e soltanto nella misura di questo sforzo si può raggiungere la vittoria nella sconfitta.

E come quel pescatore, Hemingway osserva dalla sua barca il mare con arrendevolezza poiché nulla può l’uomo di fronte all’idea di morte. La figura del vecchio, come i personaggi di altre storie, è comunque interpretata in un’ottica positiva in quanto assume dignità in un atteggiamento che, carico di coraggio e intraprendenza, lo ancora alla speranza di realizzare il suo sogno. Il messaggio è chiaro. Un uomo può essere distrutto ma non sconfitto, dobbiamo abituarci all’idea che ai più importanti bivi della vita non c’è segnaletica e che nonostante tutto il mondo è un luogo per cui valga la pena lottare.

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