Premettendo che ogni scoperta, piccola o grande che sia, ha da sempre contribuito a trasformazioni sociali rivoluzionando le sorti anche solo di una cerchia di persone, quando si usa il termine tecnologia ci si riferisce a un insieme di strumenti o applicazioni funzionali alla risoluzione di problemi pratici e all’ottimizzazione delle procedure necessarie al raggiungimento di un obbiettivo. La tecnologia oggi è il pilastro su cui poggia una società globalizzata, uno scambio simbiotico alla continua ricerca di novità. La tecnologia può anche essere definita una “metodologia tecnica relativa a una particolare arte o industria”.
Ma da dove nasce l’industrial design come strumento tecnologico e in quale modo ha rivoluzionato la storia? Potremmo risalire ai tempi più antichi – XV secolo – ove accanto a macchinari già perfezionati erano presenti manifatture ad alta specializzazione: la genesi della moderna divisione del lavoro e delle attuali linee di montaggio.
La rivoluzione industriale (1760-1830) ha definito uno spartiacque tra la produzione artigianale e industriale, una rivoluzione tecnologica segnata anche dall’avvento della stampa. La stampa dunque ha costituito l’atto di nascita dell’industria dal momento che la meccanizzazione dell’arte dello scrivere è stata probabilmente la prima riduzione di un lavoro in termini meccanici comportando una rivoluzione nella elaborazione stessa della produzione. Essa introdusse la concezione di “moltiplicazione” per mezzo della “produzione in serie” corrispondente alla creazione di un oggetto uniforme e ripetibile, una filosofia precedentemente non attuabile per la presenza degli amanuensi se si vuole parlare in termini di stampa. Si ipotizza che la stampa a caratteri mobili derivi direttamente dalla silografia che impiegò come matrice una tavoletta di legno con lettere incise, inchiostrate e premute per mezzo di un tornio su un foglio di carta, riproducendo più volte un testo con relative immagini.
Si ritiene Gutenberg (1394-1468) l’invento della stampa. Nativo di Magonza, si dedicò dal 1452 alla stampa di un’opera di grande mole, la Bibbia a 42 linee considerata il punto di rottura con la precedente produzione dei manoscritti: un’opera composta in due colonne su 42 linee, divisa in due volumi di grande formato rispettivamente di 324 e 327 pagine. Dopo di lui la stampa non subì variazioni sostanziali per molto tempo, probabilmente per la sua risoluzione a qualsiasi problema connesso attraverso la forma “a fondere” oltre all’allineamento dei caratteri. L’aspetto più innovativo resta l’ideazione e la realizzazione dell’unità minimale grafica, isolata e mobile unificando la produzione in serie, già avviata, con il concetto di segmentazione dei caratteri. Un processo celere, economico e meccanico ma su basi creative. Grazie all’introduzione dei caratteri mobili fu possibile la standardizzazione di un elemento, la correzione di un testo in un punto specifico e l’intercambiabilità di un pezzo. Il libro quale emblema di stampa, nasce in una società umanista desiderosa di tradurre le calligrafie degli amanuensi avvalendosi dell’ausilio della macchina, uno strumento industriale capace di fabbricare dei prodotti in tempi sempre più ristretti e a basso costo.
“Fin dall’origine la stampa sorse come un’industria retta dalle medesime leggi delle altre industrie e il libro come una merce che alcuni uomini producevano innanzitutto per guadagnarsi da vivere. Il mercato del libro fu sempre simile a qualunque altro. Agli industriali che fabbricavano libri – i tipografi -, ai commercianti che li smerciavano – librai ed editori -, si ponevano problemi di costo e di finanziamento che condizionarono la struttura stessa della lavorazione del libro”.
L’iniziale industria del libro propose le medesime tematiche degli amanuensi, ricostruendone contenuti e forme. Il progetto si evolse nel Rinascimento, in lingua latina e su scala internazionale coinvolgendo una rete di clienti quali privati, università, biblioteche trovando mezzi sempre più innovati per vendita, trasporto e pagamento. Si cita l’esempio del Nuovo Testamento di Lutero del settembre 1522, un’opera venduta in cinquemila copie e riprodotta per un totale di quattordici edizioni autorizzate.
Un’evoluzione del gusto legata al disegno dei caratteri e all’estetica della pagina introdotta dal tedesco Gutenberg in uno stile “gotico” iniziale per poi trasformarsi in “italico”, indice di equilibrio per il suo ritmo formale vicino all’architettura rinascimentale. Un libro poteva essere scelto per caratteristiche diverse: la bellezza dei caratteri e la loro spaziatura, il rapporto della colonna scritta coi suoi margini e per il nuovo elemento, il frontespizio che nel tempo si animò con giochi ornamentali trasformandosi in vere e proprie copertine scenografiche intrise di elementi architettonici: frontoni, portali, intere facciate, uno dei cardini dell’arte tipografica.