“Se credi che il lavoro di un professionista ti costi troppo,
è perché non hai idea di quanto ti costerà alla fine un incompetente.”
Dall’Open to Meraviglia all’Open to Merito. La prima, una campagna pubblicitaria lanciata dal Ministero del Turismo con protagonista la Venere botticellina scesa magicamente dalla conchiglia per immergersi in disparate (per non dire disperate) pose selfie, come una vera influencer. Una trovata che sembra essere risultata kitsch e alquanto costosa per ben 9 milioni di euro. D’accordo che si vuole valorizzare la bellezza, l’arte e la cultura ma vedersi un’icona storica stereotipata in pigiama, ai tavoli delle pizzerie, a grigliare arrosticini, impastare orecchiette e raccogliere pomodori.. sarebbe stato davvero troppo anche per il Botticelli!
E come se non bastasse un’altra fail con l’Open to Merito.
L’ex MIUR sotto il nuovo esecutivo Meloni diventa MIM – Ministero dell’Istruzione e del Merito – inciampando con il logo definito il più brutto della storia dell’umanità. E il risultato? Il web si scatena.
Nelle ultime ore, visibili centinaia di commenti sui social e l’incognita su come sia stata gestita la burocrazia (esiste un bando? una giuria?). C’è chi sostiene che l’assegnazione sia stata “interna” o di un qualche “cuggino” di cui non si vuole svelare il nome. Un’immagine che per la forma bombata e il colore ha fatto pensare addirittura alla vittoria del Napoli.. Vi lasciamo immaginare le aspre polemiche se si pensa a un unico fattore che questo logo dovrebbe rappresentare: il merito.
L’istruzione, che dovrebbe essere una solida istituzione, viene qui ritratta come un grosso palloncino.
Rabbia e indignazione per un ente che dovrebbe farsi carico di una ideologia riconoscendo merito e valore a un’immagine identitaria qual è il logo, e a una più attenta selezione appoggiandosi a figure competenti.
Inutile girarci intorno. Basta assegnare ruoli improvvisati. Siamo stufi della poca meritocrazia che scoraggia e umilia lavoratori onesti, opinione che vale per tutti i ruoli sociali e tutte le professioni. Un “non addetto ai lavori” potrà offrire un’immagine approssimativa ma mai identificativa perché li aspetti da considerare toccano troppe sfaccettature del marketing. La grafica è una faccenda complessa e spazia anche nel digitale che richiede ricerca ed aggiornamento se pensiamo ai social, siti web o l’utilizzo degli stessi programmi professionali.
Se un grafico è disposto a investire sulla sua professione, il cliente è giusto che lo riconosca pagando il servizio.
Come studio grafico ci limitiamo a discutere dell’aspetto tecnico e non riteniamo il logo MIM identificativo riportando alcune considerazioni:
- Non riflette il ramo commerciale in quanto le forme bombate rimanderebbero più al settore dell’infanzia o del divertimento. L’impatto emotivo che a noi suscita è goffo o quasi goliardico.
- Premettendo che siamo favorevoli alle forme decentrate, le sconsiglieremmo per questo esempio poichè fa perdere la solida compostezza che dovrebbe trasmettere un’immagine istituzionale.
- Il richiamo al tricolore risulta inutile (per non dire azzardato) posizionato all’interno del pallino che un pallino non è.
Infine oltre che una beffa per noi professionisti, questa scelta ha generato malumori che toccano la politica e le difficoltà economiche che il bel Paese sta affrontando. Se non sono le istituzioni le prime ad essere portavoci di merito, ci chiediamo quale scelta avranno i clienti?