Il cioccolato tra storia e leggenda Sara Cifarelli 22/06/2022

Il cioccolato tra storia e leggenda

Secondo un’antica leggenda azteca, una bella principessa, lasciata a guardia del tesoro del suo sposo partito per la guerra, si sarebbe rifiutata di rilevare ai nemici dove fosse nascosto e sarebbe stata quindi uccisa con grande sofferenza. Dal terreno bagnato dal suo sangue il dio Quetzalcoatl avrebbe fatto nascere la pianta di cacao, con semi amari come le sofferenze inflitte alla principessa ma anche, come lei ricchi di virtù e di grande energia.

L’origine della pianta del cacao secondo gli studiosi coinciderebbe con la comparsa della civiltà azteca. Si tratterebbe della Theobroma cacao linnaeus germogliata spontaneamente verso il 4000 a.C. lungo i bacini dell’Orinoco e del Rio delle Amazzoni estendendosi poi nel centro America. Il xocoatl, come definito dagli aztechi, si diffuse tra i nobili oltre che un premio per il più temerario in battaglia. Di difficile reperibilità, restò una merce privilegiata con possibile pena di morte per chi ne avesse abusato senza il consenso. Inizierà ad essere coltivato solo intorno al 1000 a.C. tra lo Yucatan, il Chiapas e la costa pacifica del Guatemala, aree popolate dai Maya, una civiltà che considerò la pianta preziosa per i suoi semi a cui vennero attribuiti poteri mistici e religiosi. Utilizzata per scopi terapeutici e cosmetici, o come moneta di scambio, dalla sua pasta si ricavava una volta macinata e sciolta in acqua, una bevanda energetica amara e aromatizzata con spezie come peperoncino e pepe coperta, dalla caratteristica schiuma densa. Attraverso i conquistadores spagnoli il cacao raggiunse l’Europa dove Cortez ne diffonderà l’uso tra l’aristocrazia spagnola fin quando un frate locale non deciderà di sostituire le spezie da sempre conosciute con lo zucchero trasformando il cacao in cioccolato. La sua diffusione in suolo francese fu sostenuta dal matrimonio tra Maria Teresa di Spagna e il re di Francia dove il cacao, diluito con latte e non più con l’acqua, divenne cioccolatte, molto apprezzato nell’alta società e tra i circoli letterari: nacquero infatti in Inghilterra dei veri e propri locali pubblici specializzati, i “chocolate-drinnking houses” che ne diffusero il gusto anche in ambienti estranei all’aristocraticità. Affianco a conventi e monasteri, cominciarono a subentrare delle vere fabbriche del cioccolato incoraggiate dall’invenzione tecnologica. La grande rivoluzione nel modo di consumare il cioccolato avvenne nel 1828, quando Van Houten introdusse una macchina per estrarre il burro di cacao, un’invenzione limitativa poiché permise di ottenere solamente una bevanda al cioccolato più fluida e gradevole. Vent’anni dopo con Joseph Fry realizzò la prima tavoletta assieme a una forma solida in scala più estesa. Lo svizzero Daniel Peter provò poi ad aggiungere il latte condensato. Lindt inventerà il concaggio, un metodo di raffinazione del cioccolato che darà un prodotto finito liscio e omogeneo, il cioccolato fondente, successo della futura industria dolciaria.

L’albero del cacao, da Theobroma cacao che significa “cibo degli dei”, fiorisce nella zona tra il 20° parallelo a sud dell’equatore a temperature di 20-36°C e da abbondanti piogge annuali. Il suo frutto, la cabosse, dalla forma ovoidale, fuoriesce dal tronco e dai rami. Nel suo aspetto maturo ha una buccia dura contenente fino a 40 fave, disposte a pannocchia e granturco e ricoperte da una polpa lucente succosa. Il cioccolato è il risultato della miscelazione di cacao magro, cacao in polvere, zucchero e burro di cacao. La parte secca che deriva dal cacao deve costituire almeno il 35% del totale, come il cacao magro il 14% e il burro di cacao il 18%. Tanto più elevata è la percentuale di cacao, tanto migliore sarà la sua qualità una volta lavorato. Tra le varietà d chicchi di cacao le più adoperate restano il criollo, il forastero e il trinitario.

Crollo: chicci aromaticie dolci, usati per il cioccolato della qualità migliore.

Forastero: chicchi dal sapore amarognolo sono di qualità ordinaria e si usano per la preparazione del cioccolato comune.

Trinitario: un ibrido tra i due tipi per la preparazione di coccolato pregiato.

Le fasi della lavorazione del cacao sono la raccolta, la fermentazione, l’essicazione, la torrefazione, la raffinazione, il concaggio, il temperaggio e il modellaggio. Raccolta: reciso dall’albero, il frutto viene tagliato con un macete per recuperarne i semi. Fermentazione: i semi vengono posizionati in vasche o fosse nel terreno per 2-10 giorni eliminandone così la polpa e la riduzione del sapore amaro.

Essicazione: le fave vengono essiccate ad aria calda acquistando il colore definitivo. Torrefazione: le fave vengono poi sottoposte a un controllo di qualità e tostate per accrescerne l’aroma. Passate nelle mondatrici per eliminare le impurità e abbrustolite in grandi sfere rotanti per 15-20 minuti a 110-120°C.

Raffinazione: le fave subiscono un veloce raffreddamento e private della buccia. Resta il germe ridotto in granella e poi in pasta semiliquida, scura e densa, la pasta di cacao appunto dalla quale attraverso la spremitura si ottengono il burro di cacao e il pannello; dal pannello polverizzato poi il cacao in polvere.

Concaggio: il cioccolato si ottiene dalla miscelazione dello zucchero con il cacao e l’aggiunta di burro di cacao nel caso del fondente o del latte in polvere per il coccolato al latte. Gli ingredienti vengono omogeneizzati in conche dotate di bracci di rimescolamento; la pasta mescolata per ore o giorni finché non si ottiene la pastosità e finezza voluta.

Temperaggio: il cioccolato viene messo nella temperatrice, una macchina impostata dai 40°C del concaggio a 28°C e poi nuovamente a 31°C per ottenere un prodotto lucido e consistente.

Modellaggio: si versa il prodotto semiliquido in stampi di metallo e lasciato raffreddare per ottenere infine la tavoletta pronta per essere confezionata.

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