Il pane è uno degli alimenti più antichi presenti sulle nostre tavole da più di 10.000 anni. Il pane, seppur un prodotto così familiare e che crediamo di conoscere, vanta una storia che comincia da un tempo lontanissimo, da farine di cereali selvatici antenati del frumento monococco: orzo, miglio, segale e poi farro e frumento.
Il pane ha segnato storie di popoli come alimento di base simbolo della nostra civiltà e con moltissime denominazioni: il pane laico, il pane sacro, il pane ordinario, il pane quotidiano.
Dove nasce?
Sociologi, antropologi e storici ne hanno indagato le origini ma solo negli ultimi anni un team di studiosi dell’università di Copenaghen, Londra e Cambridge ha fatto una scoperta unica su reperti degli anni Novanta degli scavi di Shubayqa, in Giordania. Una testimonianza della comunità della cultura natufiana, attorno a piccoli villaggi utilizzati come campi-base. Il focus resta il focolare con le prime prove del consumo di pane risalenti a 14.000 anni fa, e quattro millenni prima dell’introduzione agricola. Secondo i dati scientifici, 24 su 642 frammenti di cibo quali briciole di pane, che all’epoca doveva avere una forma piatta, un po’ bruciata e ricca di proteine, situazione straordinaria tenendo conto dell’inesistenza della lievitazione. La farina amalgamata nell’acqua veniva ricavata dai cereali – semi d’orzo e grano selvatico – poi raccolti, estratti dal guscio, tritati ed essiccati. Un processo che farebbe pensare alla necessità di una migliore conservazione e a un più alto valore nutrizionale.
Il pane è un simbolo sacro. Una metafora di trasformazione dell’evoluzione umana nella sua civilizzazione per le pratiche di manipolazione del grano; dalle prime forme di cereali macinati a mano, pietra contro pietra e impastati in acqua con successiva cottura, per arrivare a pratiche più tecnologiche coi sumeri e gli egizi.
Ed è proprio nell’antico Egitto che si scopre la lievitazione, al tempo considerato un fenomeno soprannaturale. Un magico impasto per il pane azimo lasciato per distrazione a fermentare e che, una volta cotto, si rivelò più soffice e digeribile. Il segreto stava nell’amalgamare a chicchi macinati ed acqua, un pezzo della pasta del giorno prima: la pasta madre. Gli egizi divennero grandi interpreti dell’arte della panificazione, pratica commemorata anche nella sepoltura poiché nella terra dei faraoni, tra gli oggetti sepolti c’erano diversi tipi di pane.
In Grecia la professione del fornaio risultava tra le più prestigiose. Visto come l’erede dell’alchimista per la sua capacità – esattamente come il fabbro – del saper “forgiare” un prodotto delle profondità della terra, per poi modellarlo attraverso il fuoco. In ogni città era presente un forno pubblico con attorno uno spazio dedicato alla sperimentazione. Le donne, una volta impastato il pane, si recavano dal fornaio per cuocerlo pregando Demetra, la dea della terra, per benedire il raccolto e il ciclo delle stagioni. Nel tempo di Demetra veniva celebrata la morte simbolica del seme che secondo i riti agrari, una volta sepolto nelle profondità delle terra, germogliava per trasformarsi in spiga.
Anche nell’antica Roma, dal I secolo a.C. il pane era considerato un pasto sempre presente e diversificato, abbinato a legumi, verdure, carne e pesce. Quando il grano mancava per il troppo consumo, lo si importava dall’Egitto e dal nord Africa. I romani furono i primi a introdurre le panetterie durante il regno di Augusto nel 329, e gestite dai greci. Successivamente con Traiano, subentrarono le categorie dei mugnai e fornai panettieri, riuniti in corporazioni. Talmente importante, il pane era l’alimento del popolo e l’imperatore doveva assicurarlo a tutti.
Nell’età moderna il pane ha sancito l’intimo legame tra potere e popolo, guerra e pace, ricchezza e povertà. L’aumento del prezzo ha segnato nella storia conflitti avvenuti ad esempio in Italia all’epoca dei Promessi Sposi con l’assalto al forno di Milano durante la carestia, o ancora nel 1789 nella Francia di Maria Antonietta per la sua famosa esclamazione “Se non hanno più pane, che mangino brioches”.
E dopo tante testimonianze e lotte, si tirano le somme dichiarando il pane un simbolo di libertà e dignità: il riscatto dalla fame quanto la capacità dell’uomo di essersi evoluto nel padroneggiarlo.