L’inquinamento acustico viene definito dalla Legge n. 447/1995 art. 2 come: L’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo e alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell’ambiente abitativo o dell’ambiente esterno o tale da interferire con le normali funzioni degli ambienti stessi.
Il nostro udito è tra i meccanismi più sensibili e fragili esistenti in natura generato nella zona dell’orecchio chiamata coclea grazie alla presenza di cellule cigliate munite di un filamento recettivo simile a un’antenna. Vibrando esse captano il suono. Quotidianamente siamo tempestati da continui rumori che il nostro orecchio riesce a tollerare fino a una intensità di 70-80 dB. Superata la soglia, e specie se prolungato, il rumore può essere dannoso per la salute: le ciglia tendono a ripiegarsi perdendo la loro sensibilità e causando seri danni psico-fisici come aggressività, ansia, depressione, ipertensione o cardiopatia ischemica (Thompson, 1999). Il vero problema è il rumore diffuso, prodotto dai centri urbani e da dove non si può s-fuggire. Il traffico cittadino costituirebbe il 70% del rumore urbano superando anche i 90 dB assieme ad altri ambienti nocivi come le fabbriche, gli aeroporti, i cantieri oltre a esempi apparentemente più banali ma altrettanto utili ossia lo squillo del telefono o una voce acuta, gli elettrodomestici da cucina (75-90 dB) e lo scarico dell’acqua (70 dB).
In merito alle tutele sui luoghi di lavoro, vengono utilizzati particolati dispositivi di protezione individuale (DPI) che fungono anche da barriere sonore: le cuffie tra i più comuni, composte da due cuscinetti collegati da un archetto, dotate di materiale fonoassorbente, bordi imbottiti e una schiuma sintetica che donano maggiore comodità e stabilità con possibili innesti elettronici utili per attenuare il a bassa frequenza o per la ricezione di informazioni. Sono considerati dispositivi di protezione anche gli auricolari, inserti in silicone, gomma o plastica, usa e getta o personalizzabili, che consentono di ottenere valori elevati di attenuazione del suono (rispettivamente 45 dB e 30 dB per le frequenze alte e per quelle basse). Oltre al fattore rischio rumore esiste il fattore rischio ototossicità, un’azione lesiva circoscritta al nervo acustico con conseguente alterazione dell’udito e dell’equilibrio. Sostanzialmente i limiti di dB accettabili per legge sono per le zone industriali 70 db, centri storici 65 dB, zone residenziali 60 dB. Il rumore associato ad alcuni solventi organici come il toluene, lo stirene e il disolfuro di carbonio – utilizzati in contesti per la produzione della plastica e della stampa, vernici e lacche – causerebbero maggiori danni all’apparato uditivo. Sempre in realtà industriali, tra le sostanze ototossiche che possono causare ipoacusia, troviamo il monossido di carbonio, solventi aromatici (etilbenzene, xylene) l’acido cianidrico, magnesio, arsenico, mercurio, oro, manganese. Altre cause: le vibrazioni meccaniche derivanti dall’utilizzo di impianti e apparecchiature professionali, malattie pregresse come tifo, malaria, tbc, meningiti, traumi cranici e lesioni del sistema nervoso centrale. Gli effetti extrauditivi includono molteplici disturbi e possono colpire il sistema cardiocircolatorio (ipertensione, ischemia miocardiaca), il sistema respiratorio, l’apparato intestinale (ulcere), l’apparato digerente (ipercloridria gastrica, azione spastica sulla muscolatura liscia, l’apparato endocrino (aumento ormonale di tipo corticosteroideo). Il rumore può mutare la pressione sanguigna, il ritmo cardiaco e i livelli del colesterolo, effetti comunque legati alla sensibilità individuale e alla durata dell’esposizione.
E il cellulare? Usarlo o non usarlo?
Non è stato ancora dimostrato l’impatto dannoso del suo utilizzo per l’udito anche se le radiazioni emesse causano effetti nocivi alla salute. E’ consigliabile utilizzare un auricolare per tenere distante le onde elettromagnetiche emesse dall’apparecchio, riducendo così la quantità di radiazioni assorbite dal cervello.
Il suono quindi può uccidere?
Ebbene si. L’arma sonica in grado di farlo è detenuta dall’Agenzia spaziale europea (Esa) a Noordwijk nei Paesi Bassi, un meccanismo costituito da quattro corni utilizzati per testare i satelliti e la loro capacità di sopportare le vibrazioni sonore provocate dal rumore del lancio. I corni agendo con un flusso di azoto gassoso producono un suono che supera i 154 dB (simile al rumore di un jet in fase di decollo) che può causare la morte in caso di una esposizione di lunga durata. E come il luogo più rumoroso, esiste il suo opposto: la camera anecoica. Un ambiente capace di assorbire il 99,99% dei rumori, situata negli Orfield Laboratories degli Stati Uniti.
“Le persone si orientano normalmente col suono e i rumori quando si muovono. Tuttavia, questa camera anecoica è priva di tutte queste informazioni. E l’esperienza extrasensoriale può risultare disorientante e inquietante” spiega uno dei responsabili del laboratorio.
Il silenzio muore, il rumore prende dappertutto il potere.
E’ la sola calamità ecologica sulla terra di cui nessuno parla.
Alain Finkielkraut