Il percorso di Piet Mondrian prima del 1913 si snodò in una serie di composizioni vicine alla tradizione della pittura olandese: nature morte, bestiame, pascoli, fiori, mulini e case rurali ma soprattutto paesaggi con filari di alberi.
Mondrian si interessò a una pittura tendente alla semplificazione geometrica con attenti parallelismi per zone d’acqua, campi e cieli, particolarità marcata nella serie degli alberi (caratteri appartenenti all’esperienza simbolista che si rilevano nella sua capacità di semplificazione anatomica degli alberi o nelle ondulazioni lineari del terreno); parallelismo recuperato da Hodler, artista svizzero, conosciuto negli ambienti spiritualistici di fine secolo, apprezzato da Mondrian per lo stile geometrico dove gli elementi vengono ripetuti in maniera ossessiva in due zone del quadro e rispecchiate idealmente rispetto a un asse simmetrico. Specchio di una realtà primordiale codificata in forme essenziali intuite dall’artista. Tra l’inizio del secolo e la svolta cubista è chiaro il riferimento alle realizzazioni di Vincent van Gogh ritenuto un simbolo, assieme a Cezanne, per le sperimentazioni delle neoavanguardie. I fiori con i petali disposti a raggiera rispecchiano le teorie teosofiche.
Differentemente dai temi floreali, resta l’albero il soggetto che condusse Mondrian verso la strada dell’Astrattismo e la graduale dissoluzione della forma passando attraverso lo studio di van Gogh e i cubisti. È possibile notare, da una tematica all’altra, come cambia lo studio del dettaglio fortemente presente nei fiori mentre negli alberi è visibile una progressiva astrazione dei rami che, diramandosi lungo la superficie, si smaterializzano in maniera sempre più evidente da un esempio all’altro.
L’isolamento dell’albero è un processo graduale accompagnato dall’introduzione pittorica di altri singoli elementi presenti sia nel mondo naturale che artificiale come il fiore, la duna, il faro o il mulino. L’albero, studiato innumerevoli volte, si riscontra nelle principali tele come L’albero rosso, L’albero blu, L’albero grigio e il Melo in fiore. L’albero rosso possiede un tronco nodoso e ricco di diramazioni con venature rossastre che partono dal tronco raggiungendo le punte dei rami simili a fiammelle guizzanti. La fluidità dei tratti che colorano il tronco, seppur più incerti, ricorderebbero lo stile di van Gogh; a ogni modo da qui Mondrian inizia il processo di astrazione dell’albero. L’opera successiva è L’albero blu figura che protende i suoi rami lungo lo sfondo ma con un linearismo vicino all’art nouveau, simili ai famosi “colpi di frusta” ma caratterizzati da un colore a plàt conferendo al volume una forma piatta. Lentamente la figura rappresentata ne L’albero orizzontale si adatta a un reticolo cubista costituito da linee orizzontali e verticali incrociate tra loro e arricchite da sottili sfumature di colori diversi. Lo scheletro dell’albero si assottiglia in uno schema ovale perdendo la “solidità” dell’opera precedente con una povertà di colori che lo rendono più innaturale rispetto al primo esempio riportato; i colori principali che costituiscono l’albero sono delle linee simili a filamenti neri, rossi e blu. La forma si frantuma e le linee si fondono gradualmente con i segni caratterizzanti lo sfondo, concetto più evidente ne L’albero grigio anche se in quest’opera il reticolo cubista scopare per introdurvi dei piani che seguono il ritmo dell’incrocio dei rami, linee non più rette ma vicine a una forma curva, formati da un colore pastoso e tendente al monocromo che ricorderebbe un bassorilievo in argilla. È lo spazio circostante a subire un forte appiattimento mentre l’albero, al contrario, resta ancora riconoscibile nella sua parziale integrità. Infine in Melo in fiore l’albero sparisce; restano sue tracce solo nelle linee curve e scure dei rami non più uniti al tronco mentre i colori verde, azzurro e ocra, concentrati nella fascia orizzontale al centro della composizione, consentono una visione “precaria” dell’albero.
“L’aspetto delle cose in natura cambia, mentre la realtà rimane costante” parole di Mondrian che spiegherebbero le finalità di questa esperienza pittorica nella convinzione che esista nella realtà qualcosa che non muta mai. Ritorna così l’idea che la pittura, o l’arte più in generale, all’epoca doveva essere portavoce di una rappresentazione universale. La pittura non aveva più l’obbligo di imitare la natura nella sua “particolarità” ma doveva riprodurla nella sua “totalità”, quell’essenza che resta immutata come potrebbe essere, nel caso delle tante specie esistenti di alberi, la loro caratteristica universale insita nel tronco e nei rami. La sperimentazione di Mondrian è accompagnata da una serie di disegni a carboncino e gessetto o taccuini dove gli schizzi sommari sono accostati da riflessioni dell’autore.
“L’astrazione coerente mi ha portato a escludere dalla mia espressione plastica il concreto-visibile. Se lei fa caso al fatto che io, nel dipingere un albero, ho progressivamente portato all’astrazione una linea curva, potrà capire come alla fine sia rimasto ben poco di un “albero”.” Mondrian
In copertina P. Mondrian, Melo in fiore, 1912
Contenuti della tesi di laurea “L’Albero della vita” (The Tree of Life) di Sara Cifarelli.