Risale a qualche giorno fa, la notizia dei pesci morti ad Orbetello.
E’ a causa delle elevate temperature dei mari che, ad Orbetello, hanno determinato la morte di quasi mille quintali di pesci con un aumento dei germi nei frutti di mare. L’elevata temperatura dell’acqua procura anche un aumento insolito di alghe.
L’innalzamento delle temperature incide sia sulla salute dell’uomo, sul turismo e sugli ecosistemi naturali.
Ad Orbetello si è registrata la morte di pesci causata sia dalla carenza di ossigeno che dal surriscaldamento delle acque. Già 9 anni fa c’era stato un fenomeno non molto diverso; si stimano dei danni per gli allevatori per la perdita di tanti pesci di cui orate, spigole, muggini e anguille. Il primo cittadino di Orbetello, ha chiesto lo stato di emergenza regionale.
Il disastro ambientale ha provocato danni anche ad Ansedonia e il cattivo odore delle acque putride; ci si sta mobilitando affinché attraverso la rimozione dei pesci, si possa garantire la normale attività turistica. L’associazione per la difesa di Ansedonia aveva raccontato a Green life di aver denunciato alla procura, la presenza di schiume che emanano odori sgradevoli.
Il fenomeno della presenza di alghe sta interessando non solo Orbetello, ma anche altre zone di Italia, tra cui Ostia e Salerno. In questi ultimi casi si tratti di fenomeni non permanenti ma che incidono sull’uso delle spiagge da parte dei bagnanti. L’aumento delle temperature causerà in futuro danni per la salute dell’uomo dopo che si sarà cibato di frutti di mare; l’Autorità Europea per la sicurezza alimentare spiega che le alte temperature del mare fanno proliferare dei batteri.
Da circa un centinaio di anni stiamo assistendo ad un riscaldamento anomalo del clima, causato dall’attività antropica. Con la prima rivoluzione industriale, l’uomo ha introdotto in atmosfera milioni di tonnellate di anidride carbonica e di altri gas serra.
Il legame tra anidride carbonica e la temperatura era stato già appurato dallo statunitense David Kelling nel 1960. Rispetto al periodo della pre-industrializzazione la temperatura media del pianeta è aumentata di 0,98° C e si prevede che, se non si interviene, la temperatura potrà arrivare a 1,5°C tra il 2030 ed il 2050. Per citarvi qualche dato, il 2020 è stato il secondo anno più caldo in assoluto. Il surriscaldamento globale in Australia causa cicloni ed alluvioni che provocano effetti distruttivi.
E’ più corretto parlare di crisi climatica, un clima che sta cambiando sempre più in fretta.
Il 97% degli scienziati esprime dissenso, ribadendo che sono le attività dell’uomo a causare il riscaldamento globale. Quali sono le cause del surriscaldamento? La principale causa è il gas serra seguito dal consumo di petrolio, di gas e di carbone.
Anche il disboscamento provoca danni all’ambiente perché la scomparsa di alberi incentiva l’aumento delle temperature assieme a minore protezione delle frane, dissesto degli argini e meno ripari per la fauna. Inoltre gli alberi quale Polmone Verde e fonte d’ossigeno, assorbono l’anidride carbonica offrendo maggiore respiro al nostro Pianeta. Altro fattore che incide sul surriscaldamento terrestre è l’uso di fertilizzanti con l’azoto.
Cosa fare per cercare delle soluzioni al surriscaldamento terrestre?
Nel 2015 è stato firmato l’Accordo di Parigi dove ogni Stato si è impegnato a limitare l’aumento della temperatura al di sotto di 2° C rispetto ai livelli della pre-industrializzazione. Oltre ai massicci interventi della politica, anche noi cittadini dovremmo fare la nostra parte nel rivedere alcuni comportamenti ad esempio nell’essere più attivi e rispettosi nella raccolta differenziata.
Per attutire il surriscaldamento soluzioni possono essere l’utilizzo dell’elettricità ed energia pulita in tutti i settori in un’ottica sostenibile grazie alla forza dell’acqua e dell’aria.
Altra strada da percorrere per contrastare il surriscaldamento climatico, sarebbe l’utilizzo di concimi organici (biomassa 100% naturale) evitando del tutto veleni e pesticidi che possono essere nocivi per l’uomo e gli animali che se ne cibano, oltre a danneggiare la qualità stessa delle materie prime. Pensiamoci, quante volte acquistiamo nei supermercati insalata che sa di plastica?